Ciro riconosciuto, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Vasta pianura ingombrata di ruine d’antica città, già per lungo tempo inselvatichite.
 
 MANDANE e MITRIDATE
 
 MANDANE
 Ah Mitridate, ah che mi dici! Alceo
 dunque è il mio Ciro?
 MITRIDATE
                                           Oh dio!
 Più sommessa favella. (Guardando con timore all’intorno)
 MANDANE
                                            Alcun non ode.
 MITRIDATE
 Potrebbe udir. Sotto un crudele impero
530troppo mai non si tace. Un sogno, un'ombra
 passa per fallo e si punisce. È incerta
 d'ogni amico la fé; le strade, i tempi,
 le mense istesse, i talami non sono
 dall'insidie sicuri. Ovunque vassi,
535v'è ragion di tremar; parlano i sassi.
 MANDANE
 Ma rassicura almeno
 i dubbi miei.
 MITRIDATE
                            Rassicurar ti vuoi?
 Dimandane il tuo cor. Qual più sincero
 testimonio ha una madre?
 MANDANE
                                                   È vero, è vero.
540Or mi sovvien; quando mi venne innanzi
 la prima volta Alceo, tutto m'intesi,
 tutto il sangue in tumulto. Ah perché tanto
 celarmi il ver?
 MITRIDATE
                              Così geloso arcano
 mal si fida a' trasporti
545del materno piacer. Se il tuo dolore
 pietà non mi facea, se del tuo sdegno
 contro Alceo non temevo, ignoto ancora
 ti sarebbe il tuo figlio.
 MANDANE
                                           A parte a parte
 tutto mi spiega.
 MITRIDATE
                                Io veggo
550da lungi il re.
 MANDANE
                            Col fortunato avviso
 corriamo a lui.
 MITRIDATE
                              Ferma. (Nol dissi?) Ah taci,
 se vuoi salvo il tuo Ciro.
 MANDANE
                                              Eterni dei!
 Perché?
 MITRIDATE
                  Parti.
 MANDANE
                               Ma il padre...
 MITRIDATE
 Or di più non cercar.
 MANDANE
                                         Sai che il mio figlio
555prigioniero è per me.
 MITRIDATE
                                          Se parti e taci,
 libero tel prometto.
 MANDANE
                                      E per qual via?
 MITRIDATE
 (Che pena!) A me ne lascia
 tutto il pensier; va'.
 MANDANE
                                       Come vuoi. Ma posso
 crederti, Mitridate,
560fidarmi a te?
 MITRIDATE
                           Se puoi fidarti? Oh stelle!
 Se puoi credermi? Oh dei! Bella mercede
 dalla grata Mandane ha la mia fede!
 MANDANE
 
    Non sdegnarti, a te mi fido;
 credo a te; non sono ingrata;
565ma son madre e sfortunata;
 compatisci il mio timor.
 
    Va'; se in te pietade ha nido,
 a salvarmi il figlio attendi;
 la più tenera difendi
570cara parte del mio cor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 MITRIDATE, poi ASTIAGE
 
 MITRIDATE
 Oh de' providi numi
 infinito saper, per qual di Ciro
 mirabile cammin guidi la sorte!
 Lo manda Astiage a morte;
575la mia pietà lo serba; e a me, perch'io
 non possa esser convinto,
 nasce opportuno al cambio un figlio estinto.
 Si sa che Ciro è in vita;
 il re lo cerca; e, affinch'ei sia deluso,
580ecco, né si sa come,
 usurpa un impostor di Ciro il nome.
 Vien lusingato il falso erede; e il vero
 nol conosce e l'uccide; e il colpo appunto
 in tal tempo succede
585che il tiranno lo crede
 esecuzion d'un suo comando. E pure
 trovasi ancor chi, per sottrarsi a' numi,
 forma un nume del caso; e vuol che il mondo
 da una mente immortal retto non sia.
590Cecità temeraria! Empia follia!
 ASTIAGE
 Mitridate.
 MITRIDATE
                      Signor, fosti ubbidito;
 Ciro non vive più.
 ASTIAGE
                                    Lo so. Ti deggio,
 amico, il mio riposo. E qual poss'io
 render degna mercede a' merti tui?
595Vieni, vieni al mio seno. (Odio costui).
 MITRIDATE
 Altro premio io non vuo'...
 ASTIAGE
                                                  Non trattenerti,
 Mitridate, con me; potrebbe alcuno
 dubitar del segreto.
 MITRIDATE
                                       Il figlio Alceo...
 ASTIAGE
 So che vuoi dirmi; è prigioniero. Io penso
600a salvarlo, a premiarti.
 Tutto farò per voi; fidati e parti.
 MITRIDATE
 Vado, mio re.
 ASTIAGE
                            (Più non tornasse almeno).
 MITRIDATE
 (Qual tempesta i tiranni han sempre in seno!) (Parte)
 
 SCENA III
 
 ASTIAGE e poi ARPAGO
 
 ASTIAGE
 Che oggetto tormentoso agli occhi miei
605costui divenne! Ei sa il mio fallo; a tutti
 palesarlo potrà. Servo mi resi
 del più reo de' miei servi. Ah Mitridate
 mora dunque ed Alceo. L'estinto Ciro
 il pretesto sarà... No. S'io gli espongo
610a un pubblico giudizio, il mio segreto
 paleseran costoro
 per imprudenza o per vendetta. È meglio
 assolverli per ora; un colpo ascoso
 indi gli opprima. E in qual funesta entrai
615necessità d'esser malvagio! A quanti
 delitti obbliga un solo! E come, oh dio,
 un estremo mi porta all'altro estremo!
 Son crudel, perché temo; e temo appunto,
 perché son sì crudel. Congiunta in guisa
620è al mio timor la crudeltà che l'una
 nell'altro si trasforma e l'un dell'altra
 è cagione ed effetto; onde un'eterna
 rinnovazion d'affanni
 mi propaga nell'alma i miei tiranni.
 ARPAGO
625Ah signor... (Affettando affanno)
 ASTIAGE
                         Giusti dei! Che fu? (Con ispavento)
 ARPAGO
                                                              Sicuro
 non è il sangue real.
 ASTIAGE
                                       Che! Si cospira
 contro di me?
 ARPAGO
                             No; ma il tuo Ciro estinto
 chiede vendetta.
 ASTIAGE
                                 (Altro temei).
 ARPAGO
                                                             (Di tutto
 il misero paventa).
 ASTIAGE
                                      Udisti, amico,
630dunque la mia sventura? Il sol perdei
 conforto mio.
 ARPAGO
                            (Falso dolor! Con l'arte
 l'arte deluderò).
 ASTIAGE
                                 Né mi è permesso
 punire alcun senza ingiustizia; è stato
 involontario il colpo.
 ARPAGO
                                        Alceo lo dice;
635ma chi sa?
 ASTIAGE
                       Non mi resta
 luogo a sospetti. Ho indubitate prove
 dell'innocenza sua. Punir nol deggio
 d'una colpa del caso. Alceo si ponga,
 Arpago, in libertà; ma fa' che mai
640a me non si presenti;
 né le perdite mie più mi rammenti.
 ARPAGO
 Ubbidito sarai.
 
 SCENA IV
 
 ARPALICE e detti
 
 ARPALICE
                               Gran re, perdono,
 pietà.
 ASTIAGE
              Di che?
 ARPALICE
                               Del più crudel delitto
 che una suddita rea...
 ASTIAGE
                                          Come! Tu ancora... (Con timore)
645Parla. Che fu?
 ARPAGO
                             (Torna a tremar).
 ARPALICE
                                                               Son io
 la misera cagion che Ciro è morto;
 Alceo colpa non ha. Le sue catene
 sciogli pietoso, or che al tuo piè sen viene.
 ASTIAGE
 Dov'è?
 ARPALICE
                 Vedilo.
 
 SCENA V
 
 CIRO fra le guardie e detti
 
 ASTIAGE
                                 È quello
650di Mitridate il figlio? (Ad Arpago a parte)
 ARPAGO
                                          Appunto.
 ASTIAGE
                                                              Oh dei,
 che nobil volto! Il portamento altero
 poco s'accorda alla natia capanna.
 Che dici? (Ad Arpago)
 ARPAGO
                      È ver; ma l'apparenza inganna.
 CIRO
 Dimmi, Arpalice; è quello (Ad Arpalice a parte)
655il nostro re?
 ARPALICE
                         Sì.
 CIRO
                                 Pur mi desta in petto
 sensi di tenerezza e di rispetto. (Da sé)
 ASTIAGE
 (Parlar seco è imprudenza;
 partasi). (S’incammina e poi si ferma)
 ARPAGO
                    (Lode al cielo).
 ASTIAGE
                                                 Arpago, e pure (Ad Arpago a parte)
 in quel sembiante un non so che ritrovo
660che non distinguo e non mi giunge nuovo.
 ARPAGO
 (Aimè!)
 CIRO
                   Pria che mi lasci, (Appressandosi al re)
 eccelso re...
 ARPAGO
                        Taci, pastor. Commessa
 è a me la sorte tua; parlando aggravi
 il suo dolor.
 CIRO
                         Più non favello. (Ritirandosi)
 ARPAGO
                                                       E ancora,
665signor, non vai? Qual maraviglia è questa?
 Perché cambi color? Che mai t'arresta?
 ASTIAGE
 
    Non so; con dolce moto
 il cor mi trema in petto;
 sento un affetto ignoto
670che intenerir mi fa.
 
    Come si chiama, oh dio,
 questo soave affetto?
 (Ah, se non fosse mio,
 lo crederei pietà). (Parte)
 
 SCENA VI
 
 CIRO, ARPAGO ed ARPALICE
 
 ARPAGO
675(Partì; respiro). Arpalice, col reo
 lasciami solo.
 ARPALICE
                            Ah genitor, tu m'ami,
 sai che Alceo mi difese e reo lo chiami?
 ARPAGO
 Sparse il sangue real.
 ARPALICE
                                          Senza saperlo,
 assalito...
 ARPAGO
                    Non più; va'.
 ARPALICE
                                              Se nol salvi,
680l'umanitade offendi;
 ah della figlia il difensor difendi.
 ARPAGO
 E se il tuo difensore
 un traditor poi fosse?
 ARPALICE
                                          Un traditore!
 
    Guardalo in volto; e poi,
685se tanto core avrai,
 chiamalo traditor.
 
    Come negli occhi suoi
 bella chi vide mai
 l'immagine di un cor? (Parte)
 
 SCENA VII
 
 ARPAGO e CIRO
 
 ARPAGO
690Quel pastor sia disciolto; (Alle guardie)
 e parta ognun. (Partono le guardie)
 CIRO
                               (Quanto la figlia è grata
 è cauto il genitor).
 ARPAGO
                                    Posso una volta
 parlarti in libertà. Permetti ormai
 che umile a' piedi tuoi... (Inginocchiandosi)
 CIRO
                                                Sorgi; che fai!
 ARPAGO
695Il primo bacio imprimo
 su la destra reale, onor dovuto
 purtroppo alla mia fé. Ciro, perdona
 se di pianto mi vedi umido il ciglio;
 questo bacio, o signor, mi costa un figlio.
 CIRO
700Sorgi; vieni, o mio caro
 liberator, vieni al mio sen. Di quanto
 debitor ti son io, già Mitridate
 pienamente m'istrusse.
 ARPAGO
                                              Ancor compita
 l'opra non è. Sul tramontar del sole
705vedrai... Ma vien da lungi
 Mandane a noi; cerca evitarla.
 CIRO
                                                         Intendo;
 temi ch'io parli. Eh non temer; giurai
 di non spiegarmi a lei, finché permesso
 non sia da Mitridate; e fedelmente
710il giuramento osserverò.
 ARPAGO
                                               T'esponi,
 signor...
 CIRO
                  Va'; non è nuovo
 il cimento per me.
 ARPAGO
                                     Deh non perdiamo
 di tant'anni il sudor. Sul fin dell'opra
 tremar convien. L'esser vicini al lido
715molti fa naufragar. Scema la cura,
 quando cresce la speme;
 e ogni rischio è maggior per chi nol teme.
 
    Cauto guerrier pugnando
 già vincitor si vede;
720ma non depone il brando,
 ma non si fida ancor,
 
    che, le nemiche prede
 se spensierato aduna,
 cambia talor fortuna
725col vinto il vincitor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CIRO e poi MANDANE
 
 CIRO
 Oh madre mia, se immaginar potessi
 che il tuo figlio son io!
 MANDANE
                                           Mio caro figlio!
 Mio Ciro! Mio conforto!
 CIRO
                                              Io! Come? (Oh stelle,
 già mi conosce!)
 MANDANE
                                 Alle materne braccia
730torna, torna una volta... Ah perché schivi
 gli amplessi miei?
 CIRO
                                     Temo... Potresti... (Oh numi,
 non so che dir!)
 MANDANE
                                Non dubitar; son io
 la madre tua; non te lo dice il core?
 Vieni...
 CIRO
                 Sentimi pria. (Numi, consiglio;
735parlar deggio o tacer?)
 MANDANE
                                            M'evita il figlio!
 CIRO
 (Perché tacer? Già mi conosce). È tempo...
 Poiché tant'oltre... (Ah no. Dal giuramento
 sciolto ancor non son io. Dee Mitridate
 consentir ch'io mi spieghi).
 MANDANE
                                                     E ben t'ascolto;
740che dir mi vuoi?
 CIRO
                                 (Sarò crudel tacendo;
 ma spergiuro e imprudente
 favellando sarei).
 MANDANE
                                   Né m'ode!
 CIRO
                                                         (Alfine
 col tacer differisco
 solamente un piacer; ma forse il frutto
745dell'altrui cure e de' perigli immensi
 arrischio col parlar).
 MANDANE
                                        Che fai? Che pensi?
 Che ragioni fra te? Quei passi incerti,
 quelle nel profferir voci interrotte
 che voglion dir? Che la tua madre io sono
750sai finora o non sai? Se già t'è noto,
 perché t'infingi? E se t'è ignoto ancora,
 perché freddo così? Parla.
 CIRO
                                                  (Che pena!
 Sento il sangue in tumulto in ogni vena).
 MANDANE
 Trovar dopo tre lustri
755una madre...
 CIRO
                           (E qual madre!)
 MANDANE
 E accoglierla in tal guisa!
 E fuggir le sue braccia!
 CIRO
 (Ah Mitridate, e come vuoi ch'io taccia?)
 MANDANE
 Questi son dunque i teneri trasporti,
760le lagrime amorose, i cari amplessi
 e le frapposte a' baci
 affollate domande? Ah madre... Ah figlio...
 Udisti i casi miei? Narrami i tui...
 Quanto errai... Quanto piansi... Io dissi... Io fui...
765No; questo è troppo; o il figlio mio non sei
 o per nuova sventura
 tutti gli ordini suoi cambiò natura.
 CIRO
 (Si voli a Mitridate; egli alla madre
 di spiegarmi permetta).
 MANDANE
770Né vuoi parlar?
 CIRO
                                Sì; pochi istanti aspetta;
 a momenti ritorno. (S’incammina frettoloso)
 MANDANE
                                       Ah prima... Ah senti;
 di', sei Ciro o non sei?
 CIRO
                                           Torno a momenti.
 
    Parlerò; non è permesso
 che finor mi spieghi a pieno;
775tornerò; sospendi almeno,
 finché torno, il tuo dolor.
 
    Se trovarmi ancor non sai
 tutto in volto il core espresso,
 tutto or or mi troverai
780su le labbra espresso il cor. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 MANDANE e poi CAMBISE
 
 MANDANE
 Onnipotenti numi,
 questo che vorrà dir! Sarebbe mai
 la mia speme un inganno?
 CAMBISE
                                                   Amata sposa,
 mio ben.
 MANDANE
                    Sogno o son desta!
785Cambise! Idolo mio! Tu qui! Tu sciolto!
 Qual man liberatrice...
 CAMBISE
                                            Arpago... Oh quanto
 dobbiamo alla sua fede! Arpago è quello
 che mi salvò. Me prigionier raggiunse
 per cammino un suo messo; a' miei custodi
790parlò; fui sciolto. «In libertà» mi disse
 «signor, tu sei; va'; con più cura evita
 qualche incontro funesto;
 Arpago, che m'invia, diratti il resto».
 MANDANE
 Oh vero, oh fido amico!
 CAMBISE
                                              E pure il figlio
795serbarci non poté. Sapesti?... Oh dio,
 che barbaro accidente!
 MANDANE
                                            Il più crudele
 saria che mai s'udisse,
 se fosse ver.
 CAMBISE
                         Se fosse vero? Ah dunque
 ne possiam dubitar? Parla, Mandane;
800consola il tuo Cambise.
 MANDANE
                                             E come posso
 te consolar, se non distinguo io stessa
 quel che creder mi debba?
 CAMBISE
                                                   Almen qual hai
 ragion di dubitar?
 MANDANE
                                     Si vuol che sia
 l'ucciso un impostore e il nostro figlio
805quel pastor che l'uccise.
 CAMBISE
                                              O dei pietosi,
 avverate la speme. E tu vedesti
 questo pastore?
 MANDANE
                                Or da me parte.
 CAMBISE
                                                               È dunque...
 MANDANE
 Quei che meco or parlava.
 CAMBISE
                                                  Un giovanetto,
 generoso all'aspetto,
810di biondo crin, di brune ciglia, a cui,
 forse proprio trofeo, gli omeri adorna
 spoglia d'uccisa tigre?
 MANDANE
                                           Appunto.
 CAMBISE
                                                               Il vidi
 e m'arrestai finché da te partisse;
 ma sugli occhi mi sta. Pur che ti disse?
 MANDANE
815Nulla.
 CAMBISE
               Un contento estremo
 fa spesso istupidir. Ma qual ti parve?
 MANDANE
 Confuso.
 CAMBISE
                    a' boschi avvezzo
 il dovea te presente. E chi l'arcano
 ti svelò?
 MANDANE
                   Mitridate.
 CAMBISE
                                        Aimè! (Si turba)
 MANDANE
                                                      Da lui
820fu, se pur non mentisce,
 sotto nome d'Alceo, come suo figlio,
 Ciro nutrito.
 CAMBISE
                          E Alceo si chiama?
 MANDANE
                                                              Alceo.
 CAMBISE
 Oh nera frode! Oh scellerati! Oh troppo
 credula principessa!
 MANDANE
                                        Onde, o Cambise,
825queste smanie improvvise?
 CAMBISE
                                                     Alceo di Ciro
 è il carnefice indegno. Il colpo è stato
 del tuo padre un comando.
 MANDANE
                                                   Ah taci.
 CAMBISE
                                                                    Io stesso
 celato mi trovai
 dove Astiage l'impose; io l'ascoltai.
 MANDANE
830Quando? A chi?
 CAMBISE
                                Non rammenti
 che là nella capanna
 di Mitridate a frastornar giungesti
 le furie mie?
 MANDANE
                           Sì.
 CAMBISE
                                   Colà dentro ascoso
 vidi che il re venne a proporre il colpo
835a Mitridate. Ei col suo figlio Alceo
 Ciro uccider promise;
 e appunto il figlio Alceo fu che l'uccise.
 MANDANE
 Misera me!
 CAMBISE
                         Dubiti ancor? Non vedi
 che teme Mitridate
840la tua vendetta e per salvare il figlio
 questa favola inventa? Arpago, a cui
 tanto incresce di noi, parti che avrebbe
 taciuto infino ad ora?
 MANDANE
                                          Oh dei!
 CAMBISE
                                                           Non vedi...
 MANDANE
 Ah! Tutto vedo, ah! tutto accorda; è vero,
845è il carnefice Alceo. Perciò poc'anzi
 tremava innanzi a me; gli amplessi miei
 perciò fuggia. Ben de' materni affetti
 volle abusar ma s'avvilì nell'opra;
 sentì quel traditore
850repugnar la natura a tanto orrore.
 CAMBISE
 Ma tu creder sì presto...
 MANDANE
                                              Oh dio! Consorte,
 tu non udisti come
 Mitridate parlò. Parea che avesse
 il cor sui labbri. Anche un tumulto interno,
855che Alceo mi cagionò, gli accrebbe fede;
 e poi quel che si vuol presto si crede.
 CAMBISE
 Oh dei, ridurci a tal miseria e poi
 deriderci di più!
 MANDANE
                                  Trarre una madre
 fino ad offrire amplessi
860d'un figlio all'omicida! Ah sposo! Il mio
 non è dolor; smania divenne, insana
 avidità di sangue.
 CAMBISE
                                    Io stesso, io voglio
 soddisfarti, o Mandane. Addio. (Partendo)
 MANDANE
                                                            Ma dove?
 CAMBISE
 A ritrovare Alceo,
865a trafiggergli il cor, sia pur nascosto
 in grembo a Giove. (Partendo)
 MANDANE
                                       Odi; se lui non giungi
 in solitaria parte, avrà l'indegno
 troppe difese. Ove s'avvalla il bosco,
 fra que' monti colà, di Trivia il fonte
870scorre ombroso e romito;
 atto all'insidie è il sito; ivi l'attendi;
 passerà; quel sentiero
 porta alla sua capanna; e in uso ogni arte
 io porrò perch'ei venga.
 CAMBISE
                                              Intesi. (Sempre in atto di partire)
 MANDANE
                                                             Ascolta.
875Ravvisarlo saprai?
 CAMBISE
                                     Sì; l'ho presente;
 parmi vederlo.
 MANDANE
                              Ah sposo,
 non averne pietà; passagli il core;
 rinfacciagli il delitto;
 fa' che senta il morir...
 CAMBISE
                                            Non più, Mandane;
880il mio furor m'avanza;
 non inspirarmi il tuo; fremo abbastanza.
 
    Men bramosa di stragi funeste
 va scorrendo l'armene foreste
 fiera tigre che i figli perdé.
 
885   Ardo d'ira, di rabbia deliro;
 smanio, fremo; non odo, non miro
 che le furie che porto con me. (Parte)
 
 SCENA X
 
 MANDANE e poi CIRO
 
 MANDANE
 Se tornasse il fellone... Eccolo... Oh come
 tremo in vederlo! Una mentita calma
890mi rassereni il ciglio.
 CIRO
 Madre mia, cara madre, ecco il tuo figlio.
 MANDANE
 (Che traditor!)
 CIRO
                               Pur Mitridate alfine
 consente che al tuo sen...
 MANDANE
                                               Ferma. (Chi mai
 sì reo lo crederia!)
 CIRO
                                     Numi, quel volto
895come trovo cambiato! Intendo, è questa
 una vendetta. Il mio tacer t'offese;
 mi punisci così. Perdono, o madre,
 bella madre, perdon.
 MANDANE
                                         Taci.
 CIRO
                                                     Ch'io taccia?
 MANDANE
 (Con quel nome di madre il cor mi straccia).
 CIRO
900Basta, basta, non più; del fallo ormai
 è maggiore il castigo.
 MANDANE
                                         Odi. (Un istante
 tollerate, ire mie). Madre non vive
 più tenera di me. Questo ritegno
 è timor, non è sdegno. Alcun travidi
905fra quelle piante ascoso. Il loco è pieno
 tutto d'insidie. (Anima rea!) Bisogna
 in più secreta parte
 sciorre il freno agli affetti ed esser certi
 che il re nulla traspiri. Oh quali arcani,
910oh quai disegni apprenderai! Palese
 vedrai tutto il mio cor.
 CIRO
                                            Vengo, son pronto,
 guidami dove vuoi.
 MANDANE
                                      (Già corre all'esca
 l'ingannator). Meco venir sarebbe
 di sospetti cagion; tu mi precedi,
915ti seguirò fra poco.
 CIRO
 Ma dove andrem?
 MANDANE
                                    Scegli tu stesso il loco.
 CIRO
 Nella capanna mia?
 MANDANE
                                       Sì... Ma potrebbe
 sopraggiungere alcun.
 CIRO
                                           Di Pale all'antro?
 MANDANE
 Mai non seppi ove sia.
 CIRO
                                            Di Trivia al fonte?
 MANDANE
920Di Trivia... È forse quello
 che bagna il vicin bosco, ov'è più folto?
 CIRO
 Sì.
 MANDANE
         Va'; mi è noto. (Ah traditor, sei colto).
 CIRO
 Deh non tardar.
 MANDANE
                                Parti una volta. (Con ira)
 CIRO
                                                              Oh dio!
 Perché quel fiero sguardo?
 MANDANE
                                                   Io fingo, il sai;
925temo che alcun ne osservi.
 CIRO
                                                  È ver; ma come
 puoi trasformarti a questo segno?
 MANDANE
                                                                Oh quanta
 violenza io mi fo! Se tu potessi
 vedermi il cor... Sento morirmi; avvampo
 d'insoffribil desio; vorrei mirarti...
930Vorrei di già... (Non so frenarmi). Ah parti.
 CIRO
 
    Parto; non ti sdegnar.
 Sì, madre mia, da te
 gli affetti a moderar
 quest'alma impara.
 
935   Gran colpa alfin non è
 se mal frenar si può
 un figlio che perdé,
 un figlio che trovò
 madre sì cara. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 MANDANE, poi ARPALICE
 
 MANDANE
940Che dolcezza fallace!
 Che voci insidiose! A poco a poco
 cominciava a sedurmi. Un inquieto
 senso partendo ei mi lasciò nell'alma
 che non è tutto sdegno. Affatto priva
945non sono alfin d'umanità. Mi mosse
 quel sembiante gentil, que' molli accenti,
 quella tenera età. Povera madre!
 se madre ha pur, quando saprà che il figlio
 lacero il sen da mille colpi... Oh folle
950ch'io son; gli altri compiango
 e mi scordo di me. Mora l'indegno;
 se ne affligga chi vuole. Il figlio mio
 vendicato esser dee. Son madre anch'io.
 ARPALICE
 Principessa, ah perdona
955l'impazienze mie. D'Alceo che avvenne?
 È assoluto? È punito? È giusto? È reo?
 MANDANE
 Deh per pietà non mi parlar d'Alceo.
 
    Quel nome se ascolto,
 mi palpita il core;
960se penso a quel volto,
 mi sento gelar.
 
    Non so ricordarmi
 di quel traditore
 né senza sdegnarmi
965né senza tremar. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 ARPALICE sola
 
 ARPALICE
 Ah chi saprebbe mai
 d'Alceo darmi novella! Io non ho pace,
 se il suo destin non so. Ma tanto affanno
 troppo i doveri eccede
970d'un grato cor. Che? D'un pastore amante
 Arpalice sarebbe! Eterni dei,
 da tal viltà mi difendete. Io dunque,
 germe di tanti eroi... No no; rammento
 quel che debbo a me stessa. E pur quel volto
975mi sta sempre sugli occhi. Ah chi mi toglie,
 chi la mia pace antica!
 È amore? Io nol distinguo; alcun mel dica.
 
    So che presto ognun s'avvede
 in qual petto annidi amore;
980so che tardi ognor lo vede
 chi ricetto in sen gli dà.
 
    Son d'amor sì l'arti infide
 che ben spesso altrui deride
 chi già porta in mezzo al core
985la ferita e non lo sa.
 
 Fine dell’atto secondo